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Si è parlato di parole e disegni ‘prigionieri’ nel descrivere i graffiti presenti sulle pareti delle carceri, così come nel caso di quelli studiati dal noto etnologo palermitano Giuseppe Pitrè, un iniziatore degli studi folklorici in Italia. Nei primi anni del secolo scorso, Pitrè scoprì e studiò i graffiti delle carceri segrete del Santo Uffizio spagnolo in Sicilia, all’interno del monumentale Palazzo Chiaramonti, detto lo ‘Steri’, di Palermo. Più tardi fu un altro grande siciliano, Leonardo Sciascia, attento e sensibile a tutte le testimonianze connesse alla realtà di ciò che considerava emblema di ogni barbarie giudiziaria, a fare fotografare le disperate testimonianze graffite nelle celle dello Steri, prima che l’incuria le cancellasse per sempre. Sciascia considerava, infatti, una estrema e fortuita consegna, quella lasciata dalle “urla senza più suono”, alla memoria dei tempi presenti, testimoni di nuove inquisizioni. Da allora progetti e pubblicazioni si sono incaricati di censire, studiare, documentare e tramandare le scritte e i disegni che ancora compaiono in questi antichi luoghi di reclusione, nelle loro molteplici valenze di tipo materiale, psicologico, temporale, ecc.
Quella di lasciare il proprio nome sui muri, magari con una data, è abitudine inveterata, che si è sempre tramandata nel tempo, fino alle ‘firme’ dei ragazzi lasciate durante le gite scolastiche o al ‘tag bombing’ dei moderni ‘writers’ della ‘street art’. Ma i disegni e le iscrizioni nelle buie celle delle carceri, ci mostrano un vero e proprio inventario graficizzato delle forme di devozione, delle passioni politiche o di quelle amorose che si sono esplicate perfino con composizioni poetiche. Fra il 1400 e il 1900, scritte e disegni incisi dai detenuti si sono ammassati, gli uni sugli altri, sulle pareti delle vecchie prigioni italiane, tanto da fare applicare il concetto di palinsesto alla sovrapposizione dei graffiti nelle mura carcerarie, sin dal 1888, da parte del celebre criminologo Cesare Lombroso, definendoli “Palinsesti dal carcere” e organizzandoli in tre capitoli tematici: il tempo, l’identità e l’evasione.
Dopo i graffiti carcerari del Sant’Uffizio di Narni e di Spoleto, del Palazzo Pretorio di Castrocaro, delle celle di Vicopisano e di tanti altri esempi, fino a quelli realizzati dai militari disertori della prima guerra mondiale nelle carceri “Le Nuove” di Torino, oggi diventate museo, si rende necessario anche per i graffiti del carcere vescovile di Acquapendente, un intervento di catalogazione e di ricerca negli atti giudiziari dell’archivio Diocesano aquesiano, così come quello improcrastinabile di restauro conservativo di queste uniche testimonianze storiche.
Nell’incontro del 10 dicembre si illustrerà tutto ciò, così come si potranno visitare le celle del Palazzo Vescovile con i suoi preziosi graffiti carcerari.
A seguire apericena a cura della “Caffetteria la Campanella”.
Appuntamento presso il Museo della Città, Civico e Diocesano di Acquapendente, Via Roma 85
PRENOTAZIONE ENTRO IL GIORNO PRECEDENTE!
L’evento è consigliato per bambini di età superiore a 6 anni!
INGRESSO GRATUITO
“Progetto realizzato con il sostegno della Regione Lazio Piano annuale 2022, L.R. 24/2019”
In apertura ORDINARIA (sabato e domenica) è possibile realizzare una visita alla sede museale.
PER INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI entro le ore 18.00 del giorno precedente
Coop. L’Ape Regina
L’appuntamnto si prevede presso la Pinacoteca di San Francesco di Acquapendente, in funzione dell’ordine e dell’orario richiesto. Visita alle opere.
La chiesa di San Francesco sorge sul luogo di una chiesa più antica, dedicata all’Assunta nel 1149 e donata ai Francescani nel 1255. I frati costruirono un nuovo edificio in forme gotiche, la cui navata fu rimodellata nel 1747.
© L’Ape Regina Soc. Coop. a r. l.